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GIANGURGOLO
Nel XVI secolo, a rappresentare la Calabria nella commedia dell’arte fu una maschera vestita da Capitano di origine spagnola, vanitoso e bugiardo, con molti elementi tipici dell’abbigliamento calabrese. Secondo l’opinione più accreditata, dal punto di vista etimologico Giangùrgolo vuol dire “Gianni-Golapiena” o “Gianni Ingordo”, per sottolineare la sua caratteristica principale, quella che lo ha reso famoso, la fame, l’ingordigia, l’insaziabilità di cibo che l’accompagna sempre e che si manifesta soprattutto di fronte ai famosi 'maccarruni i casa'.
Per soddisfare questo suo smodato bisogno, è disposto a tutto, a fare diversi mestieri, ad arraffare, e se gli capita l’occasione buona, a rubare. E poi, sotto la spinta della paura, anche ad essere bugiardo e spergiuro. L’origine di questa maschera è incerta. Pare sia nata a Napoli verso la metà del XVI secolo e poi, passata in Calabria, sia rimasta maschera tradizionale della Regione. Certamente, all’epoca, era tenuta in grande considerazione, tanto da essere rappresentata nella Commedia dell’Arte nei teatri di tutta Italia, comparendo fra i protagonisti già negli scenari di Giovanni d’Antonio.
La maschera rappresentava una parodia dei vari signorotti che avevano spadroneggiato nell'Italia meridionale. Fu rappresentata fino alla fine del XVIII secolo nei più grandi teatri italiani, dove riscosse la stessa fama delle più famose maschere delle altre regioni, Pulcinella, Arlecchino, Pantalone...
Giangùrgolo porta sul volto una mascherina rossa con un nasone di cartone, in testa un alto cappello a forma di cono, di colore marrone o nero, con fascia rossa, ornato con una cadente piuma di pavone. Indossa un collettone bianco alla spagnola tutto pieghettato, un corpetto rosso e un giubbone a righe gialle e rosse con polsini bianchi merlettati, larghi calzoni sotto il ginocchio e calze sempre a righe gialle e rosse, scarpe di vernice nera con fibbia, cinturone e un lungo spadone con bandoliera.
Giangùrgolo era sempre pronto a litigare, pieno di boria, bugiardo, grande amatore e convinto dongiovanni, sdolcinato con le donne alle quali suscitava solo ilarità. Mentre ostentava sicurezza sguainando la spada e minacciando di compiere flagelli, scappava a gambe levate tutte le volte che le cose si mettevano male: forte e potente con i più deboli di lui, diveniva disponibile e compiacente di fronte ai più forti, fino a diventare un vero e proprio leccapiedi, pur di ottenere ciò che desiderava.
A parere di molti studiosi, la maschera di Giangùrgolo è nata proprio dal desiderio di mettere in ridicolo un tipo di personaggio così stravagante, millantatore, donnaiolo, sempre affamato, presente nella società del tempo, che si identifica in modo caricaturale negli arroganti signorotti calabresi di quel tempo.
Di questa simpatica maschera, che sui palcoscenici dei teatri seicenteschi divertì il pubblico rappresentando la realtà regionale e dialettale calabrese, oggi sembra rimanere solo un ricordo, presente in qualche ricerca scolastica o in poche rappresentazioni teatrali...
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